IL TIRRENO E LA NAZIONE DICEMBRE 2004

SU CERVELLATI A PISTOIA

Andando oltre i toni che si addicono ad un consigliere di opposizione, il recente intervento di Alessio Bartolomei, relativamente al piano del Prof. Cervellati, contiene elementi su cui vale la pena riflettere.
Data la questione sollevata, dovrò fare riferimento ad iniziative promosse dall’Ordine degli Architetti di Pistoia, ma le considerazioni di questo intervento sono svolte esclusivamente a titolo personale. Innanzitutto i fatti: la Giunta precedente decide di affidare l’incarico per la redazione del Piano del Centro Storico al Prof. Cervellati. L’architetto è figura di indubbio rilievo: oltre all’esperienza ha il merito della chiarezza. Si può condividere o no le sue posizioni ma in considerazione dell’impronta un po’ ideologica dei suoi convincimenti non si può certo dire di non comprenderli.
Allora chiedo se Cervellati è stato scelto sulla base di una preventiva condivisione della sua impostazione (è veramente il medico per i nostri mali), dopo aver attentamente vagliato la sua esperienza e soprattutto i risultati dei suoi interventi attuati in altre città.
E’ già successo in passato con l’arch. De Carlo per l’area ex Breda: altro nome importante, un po’ di moda in quel tempo tra le giunte di sinistra. Risultato: tanti elogi, tante relazioni, pubblicazioni, incontri pubblici ma risultati concreti zero.
La sensazione è che la lezione non sia servita: non basta chiamare il nome altisonante se la committenza, in questo caso l’Amministrazione comunale, non chiarisce prima a se stessa e poi ai propri cittadini gli obiettivi programmatici da perseguire in tema di modificazione degli assetti urbani e della qualità degli interventi. Senza la ricerca del consenso (significa spiegare bene tempi e modalità degli interventi) i processi urbani non decollano e alle prime avversità i programmi vengono mutati da logiche pragmatiche.
Allora chiedo, l’attuale Giunta e l’attuale Consiglio condividono pienamente la rigida impostazione di Cervellati, come risulta dal primo e unico documento presentato nel luglio del 2002 (!), oppure con fatica cercano di gestire più per opportunità un’eredità un po’ scomoda?
Quanto contenuto nella prima fase del piano presenta (come è sempre successo nelle tante elaborazioni del passato) analisi in gran parte condivisibili ma anche perplessità sulla scelte.
Il professore in estrema sintesi (e mi scuso con lui) sostiene (a ragione) che siccome gli interventi realizzati negli ultimi decenni, anche in aree di pregio, dimostrano scarsa qualità è giunto il momento di smettete e di andate a “divertirsi ” in periferia (tanto in quel contesto si è fatto e si può fare di tutto!). E afferma :“in questa (città murata) superficie limitata gli interventi non possono discostarsi dal restauro inteso quale restituzione dell’oggetto su cui si interviene”.
All’Amministrazione e al Prof. Cervellati si chiede di mettersi in dialogo con la città (non basta una trasmissione televisiva, poiché la partecipazione attiva e ben altra cosa) e di indicare gli strumenti per favorire (nel pubblico e nel privato) interventi di qualità e di maggiore trasparenza in cui rivisitare la storia anche attraverso i segni della contemporaneità. Negli incontri di architettura promossi dall’Ordine, abbiamo preso visione di tante esperienze interessanti, innovative e rispettose dei contesti ma anche in grado di vivificare il tessuto urbano e l’identità dei luoghi: Pistoia mi pare che ne abbia bisogno.
I temi del centro storico, del riassetto dell’ospedale del Ceppo e dell’architettura di qualità dovrebbero infiammare la passione civica e invece tutto scorre lentamente in un silenzio assordante.
Ritengo che una delle maggiori differenze tra un governo di centro sinistra rispetto ed uno di centro destra sia quella di avere una maggiore propensione per immaginare il futuro, cercando di essere “creativi e creatori di sogni”; senza rinunciare ad una progettualità ampia che non insegua continuamente le emergenze della città (atteggiamento certamente più rassicurante).: “gettare il sasso oltre lo stagno” affermava in occasione di un recente incontro lo studio milanese dei Metrogramma.
Occorre riportare al centro la qualità dello spazio pubblico il quale rappresenta la spina dorsale di ogni modificazione urbana e tutto ciò dovrebbe essere portato avanti in un costante confronto con le parti vive della città (anche questa dovrebbe essere una peculiarità delle amministrazioni di centro sinistra) e adottando strumenti operativi (come il concorso di idee) già ampiamente sperimentati in tutta Europa.
La sensazione evidenziata dal consigliere Bartolomei, forse più psicologica che reale, di essere commissariati è tangibile: all’Amministrazione il compito (con i fatti e i comportamenti) di dimostrare il contrario.

Alessandro Suppressa