IL TREMISSE PISTOIESE N°95 2008

CENTRO TRASFUSIONALE - ROBERTO FEDI

Risulta tutt’oggi punto di riferimento la definizione di salute proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”; cioè la salute viene considerata più un mezzo che un fine e può essere definita come una risorsa di vita quotidiana che consente alle persone di condurre una vita produttiva a livello individuale. Nell’immaginario collettivo però si ritiene “sano” chi non ha dolori, febbre o duraturi disagi, tanto da impedirgli di svolgere le proprie funzioni, ed è quindi più che mai necessario, da parte delle strutture socio–sanitarie, svolgere un costante lavoro di educazione e di prevenzione nei confronti di tutti.
In questa ottica i centri trasfusionali presenti sul territorio nazionale, essendo contemporaneamente strutture territoriali ed ospedaliere, incarnano, più di altre unità operative, questo modello di salute collettiva in quanto, attraverso la gratuità di un gesto - la donazione di sangue - viene definitivamente a cadere qualsiasi ostacolo o preconcetto fra i cosiddetti “sani” e i “malati”; tanto che questo schematismo desueto si evolve semplicemente in un progetto di promozione fisica e interiore di tutte le persone.
“Una vera e propria cerniera tra la popolazione sana e quella ospedalizzata”, così scriveva il Dott. Mario Dominuco, responsabile sanitario del Centro della ASL n°3 in fase di redazione di progetto, nel sottolineare la peculiarità del servizio trasfusionale; nel caso di Pistoia possiamo attribuire un ulteriore valore. La recente inaugurazione dei nuovi spazi progettati, grazie alla sensibilità e alla capacità creativa dell’architetto pistoiese Roberto Fedi, la gradevolezza degli spazi determina condizioni ambientali tali da favorire un benessere fisico e psichico in coloro che vi operano o che usufruiscono del servizio. La cordialità e la professionalità del personale si fonde con la qualità architettonica e l’intero servizio non può che trarne beneficio.
Spesso, infatti, la professionalità presente all’interno dei servizi socio–sanitari si scontra con il deperimento e la precarietà delle strutture, rendendo oggettivamente difficile lo svolgimento delle singole prestazioni e la stessa permanenza, più o meno lunga, dei cittadini utenti.
La città di Pistoia, attraverso i suoi organismi amministrativi, ha assunto la decisione di realizzare un nuovo presidio ospedaliero e al contempo di trasformare l’attuale sede del Ceppo, - nella sua porzione prossima al centro storico e salvo alcune parti a vocazione museale - in “Ospedale di comunità”, cioè quel luogo dove vengono raccolti e ordinati tutti quei servizi di natura socio sanitaria attualmente sparsi un po’ ovunque e perciò di difficile fruizione. L’intervento di recupero e riorganizzazione del Centro Trasfusionale è coerente con questo disegno di largo respiro e al contempo ha consentito il recupero di ambienti di valore storico architettonico che altrimenti sarebbero stati probabilmente abbandonati ad un lento e progressivo processo di degrado.
Il Centro è organizzato, per una porzione di circa 600 mq, intorno al cosiddetto “secondo chiostro” o chiostro orientale, dopo che l’antico Spedale fondato nel 1286, cominciò ad allargarsi con una direttrice che andava da ovest ad est, lungo il corso del torrente Brana - che diventerà poi il grande “fognone” voltato, tuttora esistente.
Un primo merito del progetto e del conseguente recupero, è stato quello di aver acquisito, attraverso una meticolosa indagine storico archivistica e diagnostica - non comune nel riscontro della prassi ordinaria – una documentazione relativa all’evoluzione storica di questo importante nucleo del Ceppo. Il progetto si è fatto carico consapevolmente della sedimentazione storica del luogo. Senza questa non è ipotizzabile nessun tipo di intervento di modificazione, soprattutto quando dobbiamo far convivere un assetto funzionale dotato di specifiche e sofisticate attrezzature impiantistiche per l’attività dei laboratori di analisi con il raggiungimento di un elevato comfort ambientale e igienico. Questo è il pregio di una soluzione progettuale che ha reso compatibile questa esigenza con l’assetto originario.
Roberto Fedi nella sua professione ha maturato numerose e importanti esperienze nei settori del restauro, del recupero degli interni e in particolare nell’edilizia sanitaria: per alcuni anni ha collaborato all’interno della stessa struttura tecnica della Asl pistoiese e da anni è responsabile della riorganizzazione architettonica e funzionale di Villa Maria, importante presidio pistoiese dell’attività sanitaria privata convenzionata. Il pregevole risultato ottenuto nel restauro del Centro Trasfusionale è frutto di una oculata sintesi tra diversi ambiti progettuali, che devono continuamente interfacciarsi al fine di delineare una visione armonica tra l’istanza della tutela storico architettonica del manufatto e l’insieme dei nuovi inserimenti, rifuggendo da ogni atteggiamento di mimesi formale, denunciando cioè il loro carattere di contemporaneità.

Quattro sono i settori specifici, tra loro complementari, unificati dalla cromia della pavimentazione e resi tra loro accessibili grazie alla rimozione dei dislivelli che caratterizzavano il precedente assetto: quello dei donatori, quello dei laboratori, la zona riservata ai degenti in regime di Day hospital e quella amministrativa e riservata ai sanitari, con accessi distinti e dedicati per evitare il disturbo di sovrapposizioni di funzioni. La nuova organizzazione degli spazi è incentrata intorno al chiostro, vera e propria cerniera di collegamento, coperto da una struttura leggera in alluminio acciaio e vetro, che lo connota qualitativamente e lo rende luminoso, consentendo al contempo di non perdere la visione d’insieme della corte. Dall’interno degli ambienti, in particolare quelli dedicati alla donazione, è percepibile una pacata sonorità, fatta di voci, di passi, di piccoli rumori, che la corte raccoglie e armonizza, rendendo tangibile quel desiderio di non separatezza dei luoghi di cura dalla città. Percepibile è la lettura degli involucri murari originari, tinteggiati in tonalità chiare, tanto da delineare una bella e luminosa spazialità. Essa dialoga continuamente con la sensibile definizione dei materiali e dei particolari dei nuovi inserimenti e, tra tutti, emergono le grandi aperture, che collegano la corte con gli ambienti interni, caratterizzate giosamente da grandi telai lignei e da specchiature di colore arancio.
Spesso, per elevare le nostre città, ricerchiamo colpi ad effetto con l’architettura trasformata a servizio della comunicazione, tanto da parlare di vero e proprio marketing urbano: è tempo di tornare alla ricerca di una qualità diffusa, fatta di operazioni puntuali e di qualità - proprio come nel progetto del Centro Trasfusionale - che abbiano la forza di dare nuova linfa ad un sistema che progressivamente si è inaridito e che ha reso le nostre città troppo simile le una alle altre.

Alessandro Suppressa