CENTRO TRASFUSIONALE - ROBERTO FEDI
Risulta tutt’oggi punto di riferimento la definizione di salute
proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: “stato di
completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza
di malattia”; cioè la salute viene considerata più un mezzo che un
fine e può essere definita come una risorsa di vita quotidiana che
consente alle persone di condurre una vita produttiva a livello
individuale. Nell’immaginario collettivo però si ritiene “sano” chi
non ha dolori, febbre o duraturi disagi, tanto da impedirgli di
svolgere le proprie funzioni, ed è quindi più che mai necessario, da
parte delle strutture socio–sanitarie, svolgere un costante lavoro
di educazione e di prevenzione nei confronti di tutti.
In questa ottica i centri trasfusionali presenti sul territorio
nazionale, essendo contemporaneamente strutture territoriali ed
ospedaliere, incarnano, più di altre unità operative, questo modello
di salute collettiva in quanto, attraverso la gratuità di un gesto -
la donazione di sangue - viene definitivamente a cadere qualsiasi
ostacolo o preconcetto fra i cosiddetti “sani” e i “malati”; tanto
che questo schematismo desueto si evolve semplicemente in un
progetto di promozione fisica e interiore di tutte le persone.
“Una vera e propria cerniera tra la popolazione sana e quella
ospedalizzata”, così scriveva il Dott. Mario Dominuco, responsabile
sanitario del Centro della ASL n°3 in fase di redazione di progetto,
nel sottolineare la peculiarità del servizio trasfusionale; nel caso
di Pistoia possiamo attribuire un ulteriore valore. La recente
inaugurazione dei nuovi spazi progettati, grazie alla sensibilità e
alla capacità creativa dell’architetto pistoiese Roberto Fedi, la
gradevolezza degli spazi determina condizioni ambientali tali da
favorire un benessere fisico e psichico in coloro che vi operano o
che usufruiscono del servizio. La cordialità e la professionalità
del personale si fonde con la qualità architettonica e l’intero
servizio non può che trarne beneficio.
Spesso, infatti, la professionalità presente all’interno dei servizi
socio–sanitari si scontra con il deperimento e la precarietà delle
strutture, rendendo oggettivamente difficile lo svolgimento delle
singole prestazioni e la stessa permanenza, più o meno lunga, dei
cittadini utenti.
La città di Pistoia, attraverso i suoi organismi amministrativi, ha
assunto la decisione di realizzare un nuovo presidio ospedaliero e
al contempo di trasformare l’attuale sede del Ceppo, - nella sua
porzione prossima al centro storico e salvo alcune parti a vocazione
museale - in “Ospedale di comunità”, cioè quel luogo dove vengono
raccolti e ordinati tutti quei servizi di natura socio sanitaria
attualmente sparsi un po’ ovunque e perciò di difficile fruizione.
L’intervento di recupero e riorganizzazione del Centro Trasfusionale
è coerente con questo disegno di largo respiro e al contempo ha
consentito il recupero di ambienti di valore storico architettonico
che altrimenti sarebbero stati probabilmente abbandonati ad un lento
e progressivo processo di degrado.
Il Centro è organizzato, per una porzione di circa 600 mq, intorno
al cosiddetto “secondo chiostro” o chiostro orientale, dopo che
l’antico Spedale fondato nel 1286, cominciò ad allargarsi con una
direttrice che andava da ovest ad est, lungo il corso del torrente
Brana - che diventerà poi il grande “fognone” voltato, tuttora
esistente.
Un primo merito del progetto e del conseguente recupero, è stato
quello di aver acquisito, attraverso una meticolosa indagine storico
archivistica e diagnostica - non comune nel riscontro della prassi
ordinaria – una documentazione relativa all’evoluzione storica di
questo importante nucleo del Ceppo. Il progetto si è fatto carico
consapevolmente della sedimentazione storica del luogo. Senza questa
non è ipotizzabile nessun tipo di intervento di modificazione,
soprattutto quando dobbiamo far convivere un assetto funzionale
dotato di specifiche e sofisticate attrezzature impiantistiche per
l’attività dei laboratori di analisi con il raggiungimento di un
elevato comfort ambientale e igienico. Questo è il pregio di una
soluzione progettuale che ha reso compatibile questa esigenza con
l’assetto originario.
Roberto Fedi nella sua professione ha maturato numerose e importanti
esperienze nei settori del restauro, del recupero degli interni e in
particolare nell’edilizia sanitaria: per alcuni anni ha collaborato
all’interno della stessa struttura tecnica della Asl pistoiese e da
anni è responsabile della riorganizzazione architettonica e
funzionale di Villa Maria, importante presidio pistoiese
dell’attività sanitaria privata convenzionata. Il pregevole
risultato ottenuto nel restauro del Centro Trasfusionale è frutto di
una oculata sintesi tra diversi ambiti progettuali, che devono
continuamente interfacciarsi al fine di delineare una visione
armonica tra l’istanza della tutela storico architettonica del
manufatto e l’insieme dei nuovi inserimenti, rifuggendo da ogni
atteggiamento di mimesi formale, denunciando cioè il loro carattere
di contemporaneità.
Quattro sono i settori specifici, tra loro complementari, unificati
dalla cromia della pavimentazione e resi tra loro accessibili grazie
alla rimozione dei dislivelli che caratterizzavano il precedente
assetto: quello dei donatori, quello dei laboratori, la zona
riservata ai degenti in regime di Day hospital e quella
amministrativa e riservata ai sanitari, con accessi distinti e
dedicati per evitare il disturbo di sovrapposizioni di funzioni. La
nuova organizzazione degli spazi è incentrata intorno al chiostro,
vera e propria cerniera di collegamento, coperto da una struttura
leggera in alluminio acciaio e vetro, che lo connota
qualitativamente e lo rende luminoso, consentendo al contempo di non
perdere la visione d’insieme della corte. Dall’interno degli
ambienti, in particolare quelli dedicati alla donazione, è
percepibile una pacata sonorità, fatta di voci, di passi, di piccoli
rumori, che la corte raccoglie e armonizza, rendendo tangibile quel
desiderio di non separatezza dei luoghi di cura dalla città.
Percepibile è la lettura degli involucri murari originari,
tinteggiati in tonalità chiare, tanto da delineare una bella e
luminosa spazialità. Essa dialoga continuamente con la sensibile
definizione dei materiali e dei particolari dei nuovi inserimenti e,
tra tutti, emergono le grandi aperture, che collegano la corte con
gli ambienti interni, caratterizzate giosamente da grandi telai
lignei e da specchiature di colore arancio.
Spesso, per elevare le nostre città, ricerchiamo colpi ad effetto
con l’architettura trasformata a servizio della comunicazione, tanto
da parlare di vero e proprio marketing urbano: è tempo di tornare
alla ricerca di una qualità diffusa, fatta di operazioni puntuali e
di qualità - proprio come nel progetto del Centro Trasfusionale -
che abbiano la forza di dare nuova linfa ad un sistema che
progressivamente si è inaridito e che ha reso le nostre città troppo
simile le una alle altre.
Alessandro Suppressa
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