LE OPERE E I GIORNI 1999

LA PIAZZA RITROVATA TRA MEMORIA E CONTINUITA’


E’ opinione diffusa che Pistoia stia attraversando, almeno da un decennio, un periodo piuttosto grigio, ripiegata su se stessa, carente di slanci ideali e spesso incapace di programmare armonicamente il proprio futuro, concentrandosi così sulle sole emergenze che di volta in volta la realtà presenta e sugli interventi ordinari.

Non è un caso che il precedente numero della nostra rivista abbia posto l’attenzione su questa situazione di ristagno, inducendo una riflessione sia sulla qualità urbana (tanto invocata e scarsamente realizzata), sia sul bisogno di incentivare una capacità imprenditoriale di ampio respiro (troppo spesso confusa con gli interessi di parte da tutelare).

La fine del secondo millennio dovrebbe, infatti, invogliare gli amministratori, le realtà espressive della città e la gente comune, alla ricerca di una nuova configurazione urbana, fatta di spazi e di relazioni umane.


Richiamando alla nostra memoria il catalogo della mostra, curata nel 1985 dall’architetto Giovanni Battista Bassi “L’Architettura Costruita - il cantiere di Pistoia”, che documentava un periodo in cui erano percepibili i segni di una tensione culturale positiva, troviamo alcune riflessioni autorevoli e illuminanti che avrebbero dovuto rappresentare le linee guida per orientare la riflessione sulla città futura e le scelte operative per modificare i luoghi urbani. Il Prof. Giovanni Klaus Koenig, scriveva “ La vera ragione che fa di Pistoia una città modello è proprio che essa è il modello, il campione, dell’Italia degli anni Duemila. O meglio: rappresenta il modello ideale di un assetto economico del territorio che trae dalla propria storia la vocazione del configurarsi come il miglior terreno per coltivare quella integrazione tra artigianato e industria che ci contraddistingue positivamente dalle altre nazioni”, mentre il Prof. Eugenio Battisti continuava, nel suo contributo dal titolo ironico ma lucido, “Mettete un pizzico di pepe in più”: “ Pistoia mi pare tentare il futuro con la stessa volontà di crescere che la portò ad estendere le sue mura medioevali assai al di là del dovuto prima di sprofondare dalla crescita rapida, e dai 9000 abitanti a poco più della metà di essi, e ad un letargo durato secoli. Ma Pistoia è una delle città toscane, allora come ora, e forse ha imparato la lezione. Il letargo non è imposto dall’esterno, è voluto dall’interno; e quindi l’unico modo di sopravvivere è quindi quello di diventare straordinariamente ambiziosi”.


L’ambizione può essere intesa anche come esigenza di promuovere occasioni culturali e processi di modificazione, in grado di accrescere nei cittadini la sensibilità e la conoscenza della storia e delle radici culturali della propria città, in un periodo in cui forte è la necessità di dialogare e interagire con culture, etnie e tradizioni diverse.

Un anello di congiunzione fondamentale, per attivare questo processo, è rappresentato, soprattutto, dalla consapevolezza del valore delle numerose testimonianze presenti nel nostro patrimonio artistico e dai suoi continui arricchimenti. Non è un caso, che proprio alle soglie del nuovo millennio, anche la Chiesa, realtà più di ogni altra protesa a costruire i tempi nuovi, attraverso un documento della Conferenza Episcopale Italiana “Spirito Creatore”, non solo vuole facilitare il dialogo e l’amicizia con le espressioni artistiche, superando rapporti sporadici e funzionali, ma riconosce il valore dell’arte, in quanto essa ha saputo identificare ed esprimere per tempo i movimenti più profondi della società, ponendosi talvolta come “segno dei tempi”.

Di fronte a questo bisogno dell’uomo di oggi di riconoscersi non solo nelle presenze storiche consolidate, ma anche in nuove forme e in nuove configurazioni urbane, dobbiamo con amarezza registrare che di fronte ad una ritrovata attenzione e valorizzazione del patrimonio artistico, attraverso i restauri di numerose opere, la costituzione di un articolato sistema museale di straordinaria importanza, gravitante intorno a Piazza del Duomo, e l’incremento di una attività editoriale specifica, come il primo numero di una collana editoriale intitolata “Regesto delle Chiese Italiane – 1 Pistoia” (Di Baio Editore), vero e proprio prototipo su cui impostare, in un’unica collezione le schede di tutte le chiese italiane, un sostanziale l’immobilismo della nostra città (prioritariamente dei centri decisionali) circa le nuove iniziative rivolte al ridisegno degli spazi e all’ammodernamento dei servizi rivolti all’accoglienza, intesa come capacità di una città di essere ospitale, educante e ben collegata ai sistemi culturali di altri centri.

Non è forse vero che percorrendo in treno il tratto Pistoia – Firenze si impiega il solito tempo di venti anni fa?; cosa dire della mancanza di uno spazio idoneo e organizzato per consentire lo svolgimento di congressi con un numero elevato di persone, di una moderna biblioteca con spazi a disposizione per la crescita culturale dei giovani, di strutture ricettive e servizi all’altezza di un turismo intelligente e moderno? Le porte della città come ad esempio la stazione e Via XX Settembre non ripropongono ancora un’immagine urbana conformatasi in modo disorganico negli anni ’50 -’60 e da allora trascurata. La nostra scena urbana registra, da oltre dieci anni, l’assenza di interventi di architettura qualitativamente significativi, nonostante la città possieda risorse professionali ed intellettuali di rilievo, nella tradizione di personaggi quali Michelucci, Bassi o Natalini, privilegiando esperienze di corto respiro spesso satellitari al potere consolidato, in cui sono le soggettività del politico o del tecnico di turno, ad orientare le scelte e non un’idea maturata di spazio urbano. Le ultime realizzazione attuate all’interno del nostro centro storico rappresentano chiaramente i limiti di questa impostazione: colpisce la disinvoltura con la quale si compiono opere di arredo (non di decoro) di fronte ad un edificio monumentale di rilevante importanza come S. Giovanni Forcivitas.


Qualcuno, forse, avrà più chiaro il perché di queste note introduttive, nonostante sia stia trattando un tema specifico e dai contorni limitati come quello sui restauri delle testimonianze emblematiche di piazza del Duomo; senza un inquadramento più generale si rischierebbe di perdere il senso più profondo di un’importante operazione culturale, limitando l’ottica a questioni più tecniche e ristrette per addetti ai lavori, con il rischio di limitarla in un intervento, seppure importante, di “maquillage”.


Occorre, infatti, sottolineare, come in questi ultimi anni, pur in presenza di mezzi finanziari limitati e in un clima di generalizzata indifferenza e di lettura superficiale dei problemi, che porta alla facile polemica e non alla riflessione ragionata, si è consolidata, passo dopo passo un’esperienza di restauro di rilevante importanza, promossa dalla Diocesi di Pistoia, dalle singole parrocchie o dalle comunità conventuali e dalla Soprintendenza, sostenuta da Enti finanziatori come, l’Ente Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, la Regione o il World Monument Fund etc.

In pochi anni, instaurando, rapporti di stretta collaborazione fra soggetti diversi è stato possibile attuare una serie di interventi su edifici religiosi significativi come S.Giovanni Forcivitas, S.Paolo, S.Andrea, S.Domenico, S.Filippo, S. Maria Ripalta, S.Maria degli Angeli, S.Francesco oltre ad interventi di restauro e di ricollocazione di affreschi quali quelli delle lunette dei chiostri della Santissima Annunziata e del Convento di Giaccherino, mentre per i complessi architettonici di proprietà pubblica, dopo la riapertura parziale della Fortezza di S.Barbara (1980) e il recupero di S. Mercuriale (1985), i lavori segnano il passo, procedendo per piccoli stralci funzionali. I restauri di edifici comunque importanti sotto il profilo storico - artistico (il completamento della Fortezza e di S.Lorenzo) è tuttora incompleto per la scarsità dei mezzi finanziari, ma soprattutto per l’incapacità dei soggetti pubblici di attribuire a questi luoghi delle funzioni significative per la città, su cui far convogliare risorse su veri programmi a medio termine.


Si tratta, quindi, di un percorso differenziato per caratterizzazione architettonica e metodologie conservative che trova proprio nelle testimonianze più significative di Piazza del Duomo, Campanile, Facciata della Cattedrale e Battistero, l’approdo più autorevole e di alto valore simbolico.

Professionalità tecniche e artigiane hanno offerto la propria competenza e il proprio bagaglio di esperienze, per recuperare e valorizzare un ampio patrimonio culturale, costituendo essi stessi una vera e propria ricchezza, nel segno di una consolidata tradizione. Non è percettibile il grado di consapevolezza di questa opportunità da parte della pubblica amministrazione.

L’orgoglio, nel pensare che molte Imprese pistoiesi si sono occupate e tutt’oggi sono impegnate in restauri di manufatti di straordinario valore storico artistico, in centri di primaria importanza come Pisa, Firenze, Assisi etc., non dovrebbe, insieme ad altre vocazionalità presenti nel nostro territorio, contribuire a scuotere la città da una sorta di letargo e riscoprire una sana ambizione come suggeriva il Prof. Battisti?


Il comitato cittadino per gli interventi per il Grande Giubileo del 2000, ha raccolto questa sfida concentrando la priorità di attenzioni su Piazza del Duomo, il “cuore e l’anima della città”.

Questa operazione, ripeto, non deve essere raccolta come il pretesto per rinnovare il “salotto buono” bensì come l’occasione per consentire una rilettura dell’intera città, partendo proprio dal suo nucleo più antico; avendo restituito alla città una grande parte del suo patrimonio artistico, nel futuro potranno essere indirizzate energie umane e risorse economiche per la realizzazione di servizi e di interventi tesi alla riqualificazione urbana, oltre ad attivare un serio programma per consentire una costante e idonea manutenzione delle opere restaurate, per evitare che nel giro di qualche anno ripiombino in un processo di elevato degrado.